mercoledì 21 settembre 2011

Il cantiere misterioso


Pieter Bruegel il Vecchio
La Torre di Babele (1563 c.)
Kunsthistorisches Museum, Vienna

Da abitante del Ghetto, provo una spiacevole sensazione tutte le volte che qualcuno entra in Vico Croce Bianca e comincia a comportarsi in modo “coloniale”.
La cosa mi succede abbastanza spesso: ho sempre l'impressione che i perniciosi procacciatori di contratti su gas e telefonia che sciamano nel centro storico (e che si introducono proditoriamente nei portoni fingendo spacciandosi per operai), tutte le volte che entrano ne Ghetto ci prendano un po' per cretini, sbandierando slogan assurdi, tipo: “Noi di Gaz de France siamo produttori diretti” (non sapevo che la Francia avesse imponenti giacimenti di metano), oppure “Lo sa che adesso può risparmiare levandosi dalle fasce orarie” (qualche anno fa dicevano che con le fasce orarie avrei risparmiato). Capisco che è grazie a quell'infaticabile legione di centralinisti, piazzisti e addetti al volantinaggio che i nostri governanti possono andare a Bruxelles e dire al resto d'Europa che la disoccupazione in Italia non è poi così tanto preoccupante, capisco che sono dei poveri cristi come me e che devono pur lavorare, ma accidenti... devono proprio venire tutti sul mio pianerottolo.
Tuttavia, l'esperienza più seccante l'ho avuta quando sul pianerottolo sono arrivate le Istituzioni. Per la verità non era proprio il pianerottolo, ma il portone di casa: fu quando l'ex presidente della Circoscrizione Aldo Siri, accompagnato da un tecnico, arrivò in Vico Croce Bianca a spiegare ai cittadini residenti il progetto del Comune per un “centro di primaria assistenza” da realizzarsi proprio al pianterreno della casa dove abito. Credo che il nostro fosse uno dei pochi isolati in tutta Genova dove i condomini, non appena informati delle intenzioni del Comune, avevano reagito pensando che era meglio che tossicodipendenti ed extracomunitari (l'accoppiata standard degli ambienti degradati) avessero un posto dove andare piuttosto che sentirsi male in mezzo alla strada. Certo... di regola, il Comune avrebbe dovuto contattare l'amministratore affinché convocasse un'assemblea straordinaria per discutere gli interventi sulle parti comuni, ma non sembrava proprio il caso di stare a cavillare, anche perché, dalle sommarie descrizione che erano state fornite fino a quel momento, l'intervento avrebbe potuto in effetti essere qualsiasi cosa, da un ambulatorio a un cpt in miniatura. Benvenuto quindi a Siri e al suo tecnico che, anche se in modo un po' poco ufficiale, ci avrebbero illustrato cosa il Comune intendeva fare in casa nostra.
A dire il vero, la cosa non mi interessava un gran che: quando le istituzioni agiscono su una scala relativamente piccola, non è importante quello che hanno intenzione di fare, quanto piuttosto quello che faranno sul serio; per quel giorno avevo un impegno e non cercai di spostarlo. Così arrivai in ritardo.
L'esposizione del progetto era già stata fatta ma, a giudicare dalle facce perplesse dei residenti, credo proprio che non fosse stata di qualità molto superiore a quella dei piazzisti del gas di cui si parlava all'inizio. Ero appena entrato che qualcuno disse: «Fateli un po' vedere a lui i progetti, che è del ramo e insegna ad Architettura». E Siri replicò: «Ma non scherziamo».
Ci rimasi male.
Mi avvicinai al tecnico intento a squadernare le tavole di progetto, e gli feci timidamente notare che ero un residente, che effettivamente ero laureato in architettura e che, tecnicamente, insegnavo appunto ad architettura come professore a contratto. Come qualifica non sarà un gran che, ma si vedeva che non scherzavo.
Come alla mezzanotte delle fiabe, le tavole di progetto sparirono d'incanto: il tecnico mi rispose che non c'era più tempo e che tutti dovevano scappare. Per un attimo, ebbi quasi il timore che perdesse la proverbiale scarpetta nel vicolo, ma invece di lasciarmi una scarpa, il tecnico si congedò con una garbata minaccia: «Comunque, può trovare tutte le informazioni che vuole nei nostri uffici al Matitone»
Gira una leggenda urbana sul Matitone: pare che lo studio Skidmore, Owings & Merrill, filiale di New York, una volta incaricato del progetto abbia mandato a Genova un giapponese (anche se alcune versioni della storia parlano più generalmente di un asiatico) e che questo giapponese fosse andato letteralmente in visibilio di fronte al campanile di San Donato, giudicandone la forma ottagona come quintessenza della genovesità. Si era negli anni Ottanta, quindi in fase di imperante postmodernismo, pertanto simili storie potrebbero persino essere prese sul serio. Sia come sia, il grattacielo venne effettivamente costruito in forma di gigantesco prisma ottagonale e a capo del progetto doveva proprio esserci un giapponese, dato che non pensò affatto che, nella tradizione europea, i più famosi edifici a pianta ottagona sono Castel del Monte (che ancora oggi non si sa a cosa servisse) e il Panopticon di Bentham, una prigione studiata appositamente per far impazzire di terrore chi vi finiva recluso. Va detto, a onor del vero, che in America la storia è un po' diversa, ma non è il caso di fare una lezione sulle forme stereometriche nella tradizione architettonica americana... sta di fatto che, con simili premesse, non fa meraviglia che l'edificio sia rimasto vuoto per un bel pezzo fin quando non è stato acquisito dal Comune (gira che rigira, sempre a spese del pubblico va a finire...) Insomma, a nessuno fa piacere andare negli uffici al Matitone; chi lo fa deve essere animato da sentimenti forti, come l'interesse o la vendetta: di fatto i corridoi del Matitone sono pieni di persone intimorite dalla macchina kafkiana in procinto di masticare i loro sogni edilizi o da anziani delatori pronti a denunciare gli illeciti e le malefatte dei vicini.
Personalmente non ero né interessato, né vendicativo: c'ero soltanto rimasto male, ma me ne feci una ragione. Quindi non ci andai.
I lavori cominciarono immediatamente dopo, il cartello di cantiere venne debitamente affisso in modo che nessuno riuscisse a leggerlo e quando chiedevo a qualcuno ragguagli su chi fosse il direttore di cantiere o almeno i responsabile del procedimento mi veniva fatto il nome di funzionari contattabili, naturalmente, nel loro ufficio al Matitone. Non che fossi preoccupato per qualcosa: semplicemente mi incuriosiva il fatto che, pur abitando lì, non avessi modo di sapere quel che stavano facendo senza dovermi recare nel fatidico Matitone. Non ho la macchina e non amo prendere l'autobus; sì ci sarebbe la stazione di Via di Francia... ma i treni che si fermano si potrebbero contare sulle dita della mano di un monco.
Il regolamento condominiale di casa mia è piuttosto sommario e, dato che nessuno si era degnato di convocare un'assemblea, brancolavo nel buio: in pratica, secondo i termini del regolamento (credo risalente all'anteguerra) il Comune avrebbe potuto farci di tutto: un locale di quarantena per malattie infettive, una sede distaccata della SPECTRE, un presidio locale dell'ASTER (in ordine di pericolosità). La pagina internet dell'Urban Lab dedicata al Contratto di Quartiere del Ghetto parlava di un ambulatorio socio-sanitario (?) di una scuola materna (??) e di una residenza per giovani artisti (???). Quest'ultima definizione mi lasciava perplesso: esistono graduatorie per giovani artisti senza tetto?
Lo confesso: sono irriducibilmente ancorato alle desuete definizioni di destinazione d'uso e la lettura di quella pagina mi lasciò sconcertato non meno che se la Pubblica Amministrazione mi avesse spedito una raccomandata con su scritto “Sbiriguda, come se fosse Antani”. Invece ne arrivò una che informava i residenti che, grazie all'impegno del nostro battagliero consigliere di condominio, intervenendo sulle parti comuni della facciata il Comune avrebbe provveduto a mettere in sicurezza un camino svergolato, Venivano proposte tre alternative, sottolineando come se la decisione non fosse stata presa al più presto, il Comune avrebbe provveduto motu proprio alla prima soluzione, dal momento che il tempo stringeva e sarebbero scaduti i finanziamenti necessari ai lavori. Ero così contento che neppure me la presi per il fatto che il Codice Civile indica esplicitamente l'intervento sulle parti comuni come motivo di una necessaria assemblea, che naturalmente nessuno aveva convocato. Avevo finalmente capito a cosa erano destinati i lavori: il percepimento dei finanziamenti! E io che, alla fine, ero quasi preoccupato dal mistero che sembrava aleggiare attorno al cantiere.
Cos'altro dire? I lavori procedettero speditamente, il camino venne risistemato e gran parte del pianterreno dello stabile rimesso a nuovo. Come ci era stato detto fin dall'inizio, venne poi aperto un ambulatorio socio-sanitario. Ma che cos'è? Nessuno lo sa. È aperto due ore a settimana e quindi non ci va mai nessuno.

2 commenti:

  1. ah, ecco! era per pappare i finanziamenti! ma a chi ci si appella? ci sarà ancora "un giudice a Berlino?"

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  2. A Berlino c'è un tizio col monocolo che sembra uscito dritto dalle caricature dell'epoca di Weimar, e a lui interessano soltanto i pezzi di carta che attestano che attestano che i finanzaimenti non sono stati sprecati. A Strasburgo ci finiscono i raccomandati di tutta Europa. Forse all'Aia...

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