domenica 4 settembre 2011

E' finito il ramadan


Yeşil Cami (1419 - 1421)
Bursa

Qualche giorno fa è finito il ramadan. È curioso che, in genovese, “fare un ramadan” significa fare una gran confusione. Non so da quanto tempo questa locuzione sia entrata nel nostro dialetto, ma penso che sia abbastanza antica: penso che nasca dallo stupore dei cristiani di fronte a un intero mese in cui la popolazione islamica “vive” soltanto di notte: mangia di notte, chiacchiera di notte e, naturalmente, di giorno è impegnata a salvaguardare le forze nell'attesa del tramonto. Eh già, perché nel mese del ramadan fa sempre molto caldo, ed è dura tirare avanti fino a sera. Si dice che il Profeta abbia introdotto quest'usanza per fortificare la sua gente: dopo che hai attraversato il ramadan ti senti più forte, come se avessi scalato una montagna o attraversato un deserto. Personalmente, credo anche che imporre anche solo qualche ora di privazione possa rendere istintivamente più comprensivi nei confronti di chi vive in queste condizioni tutto il giorno e quindi predisponga meglio all'elemosina, che è pur sempre uno dei cinque pilastri della salvezza.
Chissà se il primo genovese a dire 'Mia! t'eè fètu un ramadan era un mercante che aveva un fondaco a Galata o a Tunisi e non si era mai riuscito ad abituare a questa improvvisa inversione tra giorno e notte, oppure era uno di quelli che (allora meno di oggi) rimanevano nella Superba, magari infastidito dalle libagioni notturne di un qualche mercante di Algeri venuto in città a trattare le sue merci. Da parte mia, opterei per la prima ipotesi: ho idea che l'Islam genovese fosse molto discreto, non troppo diverso da quello che c'è oggi nel Ghetto. Eh già, perché, sinceramente, di tutto questo ramadan io non me ne sono quasi accorto, a parte un po' di spignattare ad ore antelucane e qualche discussione, magari vivace, ma sempre tenuta sotto voce.
Eppure, qui a due passi c'è una moschea e, a rigor di logica, si sarebbe dovuto avvertire almeno un po' di trambusto. Invece niente. Forse perché, ai sensi della legge, tecnicamente la moschea sarebbe abusiva, in quanto “non prevista dalla strumentazione urbanistica vigente”. Un po' come la famigerata moschea di Via Puppa a Sucate che aveva suscitato la ferma riprovazione della ex sondaco di Milano. Moschea abusiva con fedeli abusivi, quindi interessati a comportarsi nel modo più discreto possibile. Spero che Il Compassionevole e Misericordioso perdonerà il mio impudente accostamento, ma sono in fondo le stesse motivazioni che portano trans e clienti in questa zona.
Una volta ho parlato a lungo con uno dei fedeli abusivi della “mia” moschea, che avevo però incontrato in un luogo abbastanza improbabile come Bursa, nella Turchia asiatica. Vendeva tappeti e, per arrotondare, accompagnava i turisti italiani nella splendida Moschea Verde costruita trent'anni prima che da noi nascesse Colombo. Suo fratello aveva studiato architettura a Genova (come me!) e lui lo aveva seguito; per studiare e pregare veniva in Vico della Croce Bianca.
Mia ha portato a fare un giro dellla moschea. Mi ricordo una sua battuta: “Sulla facciata c'è scritto che questo è il più bell'edificio dell'universo; quanto poco mondo avevano visto allora gli ottomani!” In realtà, la moschea era bellissima.
Con me c'erano una coppia di milanesi, che decisero di comprargli un tappeto... alla fine lo feci anch'io. La trattativa fu straordinaria: mi mise da parte, dicendomi “So come si fa con i genovesi” e iniziò a far vedere una marea di tappeti ai due lombardi, alcuni quasi degli stracci, altri roba che né io né loro avremmo mai potuto permetterci; così tutti e tre cominciarono una serie sfiancante di discussioni, mentre dal retrobottega iniziavano ad arrivare le prime tazze di the. Me ne andai.
Tornai qualche ora più tardi, dopo aver fatto un giro della città. Lui lo sapeva. Gli dissi quanto intendevo spendere e mi mi fece portare una decina di tappeti, alcuni un poco più cari, altri un po' meno. Scelsi quello che mi piaceva di più (che ne so io di tappeti?) e ci stringemmo la mano. Il tutto non durò più di cinque minuti. Solo allora ci sedemmo e arrivò, naturalmente, il the.
Ecco... una volta Genova era una città mondiale e di essere genovesi te ne potevi vantare, perché Genova era conosciuta. Ed era conosciuta perché c'erano moschee e c'erano sinagoghe che non erano abusive. Per questo non capisco l'opposizione della gente alle moschee e meno che mai la reticenza del Comune a sovvenzionarle: vogliamo che i soldi li mettano i sauditi e che scelgano loro anche gli imam? Lo so che i soldi sono pochi e che l'integrazione è un problema epocale, ma proprio per questo mi sembra assurdo risparmiare su quello per poi magari finanziare progetti che rasentano il ridicolo (ognuno pensi a quello che per primo gli viene in mente; personalmente voto per le ripetute ondate di cartellonistica informative che periodicamente invadono i vicoli o la fantasiosa proposta di installare “boe informatiche” per il GSM, qualunque cosa abbiano mai potuto essere).
Della mondialità di Genova, oggi è rimasto solo il Ghetto. Se all'improvviso sparisse, Genova cambierà radicalmente. Finiremo per confonderla con Portofino.

2 commenti:

  1. Caro dottore la moschea di via Puppa non è "famigerata" ma è una prova lampante che questi cosiddetti "politici" non sanno minimamente di cosa parlano.

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  2. Tengo a precisare che mi fregio dell'amicizia del Puppa Giandomenico e che ne sono un assiduo lettore.
    http://www.facebook.com/photo.php?fbid=201723879896035&set=a.112371555497935.17113.100001752736030&type=1&theater#!/pages/Giandomenico-Puppa/121877014560230

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